lunedì 16 gennaio 2012

“Classismo” e segregazione educativa nei percorsi dell'istruzione superiore

Davide Di Noi*

Il tema sull’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro è da sempre, nel nostro paese, al centro del dibattito politico e amministrativo.
 
Questo perché, di fatto, viviamo ancora una situazione difficilmente risolvibile, con una disoccupazione giovanile che ha superato il 33% e una totale mancanza di speranza, da parte della nostra generazione, nel credere che il futuro possa essere migliore di quello che ci viene prospettato.
Ma a partire da questo quadro “generale”, volevo soffermarmi su un’altra problematica evidente, a operatori della scuola e studenti, che ricorda molto il passato: la logica di classe nella suddivisione fra licei e istituti tecnici-professionale.
Risulta quanto mai evidente che la scelta, da parte dello studente o della famiglia dello studente, deriva sempre più dallo stato economico e sociale della stessa e non dagli interessi nutriti dal ragazzo uscito dalle scuole secondarie di I grado.
Di fatto siamo tornati alla logica per cui il figlio di un laureato, dipendente o libero professionista, con una situazione economica familiare stabile, tende sempre più a scegliere i licei, mentre chi ha diversa situazione economica, viene indirizzato a titoli tecnici o professionali, dove si crede che il ragazzo possa essere immesso più velocemente nel mercato del lavoro. Questo per due sostanziali motivi: il primo è che è sempre più difficile e oneroso mantenere un giovane per tutto il periodo della laurea, il secondo è che la laurea, di fatto, non garantisce più l’immediato ingresso nel suddetto mercato.
Viviamo in una regione che fortunatamente riesce ancora a garantire, seppur con grosse difficoltà, un buon numero di borse di studio, che permettono a tanti ragazzi e alle loro famiglie di continuare il proprio percorso di studi, ma l’amara realtà è che l’Emilia Romagna è sempre più un caso isolato, e questo credo che lo possa confermare l’assessore Bianchi.
Ma ancora più drammatica, e questo è il punto sul quale vorrei porre maggior attenzione, rimane la questione dei ragazzi immigrati di prima e seconda generazione.
La divisione classista, che la riforma Gelmini ha ulteriormente contribuito a saldare, non fa che portare questi ragazzi alla scelta, quasi obbligata, degli istituti tecnici-professionali e alla quasi totale rinuncia nel continuare il percorso di istruzione all’Università.
I dati parlano chiaro: nel totale dei ragazzi stranieri che studiano negli istituti secondari di II grado, nella nostra provincia, solo il 17.4% sceglie un liceo, mentre il 35.7% sceglie un istituto tecnico e addirittura il 45.1% il professionale, mentre gli italiani scelgono sempre più i licei (51%).
Ma non è tutto: infatti dai dati emerge che oltre il 72% degli studenti stranieri ha un ritardo di circa 3 anni nel percorso formativo, oltre il 50% più di un anno e solo il 3% è nello standard.
Per forza di cose, in questo sistema scolastico precario, aumentano i partecipanti ai corsi di formazione professionale, in ascesa continua, anche fra gli italiani, da almeno 5 anni. Ora sono più di 1700 nel territorio provinciale, e gli stranieri hanno raggiunto quasi il 34% della fetta complessiva. Fra questi il 77% degli stranieri non ha nemmeno il diploma di licenza media.
E chi sceglie di continuare il proprio percorso formativo, come accennavo prima, fino al corso di laurea, è davvero un numero esiguo: gli stranieri infatti, all’Alma Mater, sono solamente il 5.2%, in crescita, anche se molto risicata, rispetto agli ultimi anni, ma che restano comunque troppo pochi, se si pensa che oltre il 50% di questi sono studenti europei, con buona conoscenza dell’inglese e che scelgono, per lo più, corsi in lingua inglese. E solo il 18% di essi porta a termine il percorso di laurea.
 
Concludendo: c’è molto da fare, perché questi dati non fanno che confermare il bassissimo livello di integrazione degli studenti stranieri nel nostro paese e il complessivo fallimento del sistema scolastico italiano. Non possiamo continuare in questo modo, perché non è degno del secolo in cui viviamo. A partire dalle riforme della scuola e del mondo del lavoro, che dovranno necessariamente coinvolgere sempre più gli operatori del settore, dobbiamo invertire la rotta. Diciamo basta alle riforme fatte dal dicastero dell’Economia.
Abbiamo bisogno di una formazione più attenta, che porti un ragazzo a integrarsi, culturalmente e socialmente, nel nostro paese e nella nostra città. Abbiamo bisogno di rivedere il sistema del lavoro, tenendo salda la convinzione che non è necessario modificare o mettere in discussione l’articolo 18, per dare nuova linfa al mercato, ma consci del fatto che, anche se non siamo maggioranza nel parlamento, le nostre proposte dobbiamo metterle in campo, talvolta anche con durezza, senza accettare necessariamente ogni direttiva di questo Governo. Ricordiamoci che questo governo non va avanti da solo, ma grazie anche e soprattutto ai voti dei nostri Parlamentari, quindi siamo legittimati a dire la nostra, con forza, in ogni sede competente.
Ma al tempo stesso dobbiamo tornare ad essere più umili: non nascondiamoci dietro un dito, i ragazzi tendono sempre più a scartare i lavori più duri, perché considerati di basso livello, ma spesso anche a ragione, se guardiamo l’altra faccia della medaglia, poiché è naturale che un ragazzo di 25 anni, con una laurea in mano, non voglia fare l’operaio, dopo che ha studiato, magari raccogliendo risultati eccellenti, per fare il manager.
 
Qua, come dicevo prima, è in discussione l’intero sistema, qua è a rischio una brutta deriva del paese, che si sente frustrato e umiliato, anche per colpa di certi nostri rappresentanti che non portano sempre il buon esempio. Se c’è una crisi, se si chiede all’intera popolazione un sacrificio, allora è bene che questo sacrificio venga da tutti, senza distinzione.
Ieri un economista mi diceva di essere ottimista riguardo al futuro, io cercherò di seguire il suo esempio, ma noi dobbiamo lavorare affinché quel 33% di ragazzi disoccupati pensi che la soluzione non sia scappare, lasciare l’Italia e cercare lavoro all’estero, ma impegnarsi per migliorare il nostro, magari guardando con favore l’esperienza all’estero, purché le menti tornino nel nostro Paese e diano il loro contributo.
Solo così invertiremo la rotta e torneremo a essere noi la calamita per gli studenti e i ragazzi d’Europa e, se non sono troppo utopistico, del mondo.


*Intervento al convegno "La scuola per il lavoro di oggi" promosso dal Forum scuola del Pd di Bologna, 13 I 2011

martedì 20 aprile 2010

Parla la "Rete degli studenti medi".


Nuove proposte e obiettivi dell’elefantino nazionale.

Intervista a Sofia Sabatino di Mattia Baglieri.


La “Rete degli studenti” è un’associazione studentesca a stampo sindacale che si occupa di difendere i diritti degli studenti delle scuole superiori, lo scorso 6 e 7 marzo si è svolto l’ultimo congresso nazionale in cui è finito il mandato dell’esecutivo guidato da Luca De Zolt ed è cominciato quello in cui la portavoce nazionale è Sofia Sabatino. A lei le nostre domande...

Quali sono i temi chiave su cui vi concentrate in questa fase?

La parola d’ordine è quella di smantellare questa finta riforma della secondaria che ci è stata presentata come la riforma che la scuola italiana aspettava da decenni, la rivoluzione del sistema scolastico italiano, ma che in realtà è un gran polverone che ha portato le scuole al caos più totale, che cambia tutto per non cambiare niente; e sotto la maschera di una rivoluzione si nascondono i tagli e la riduzione della scuola pubblica ai minimi termini. Questo riordino a nostro parere, non è altro che un decreto attuativo dei tagli della 133 dell’anno scorso, che per far quadrare il bilancio riporta il nostro sistema scolastico al primo dopoguerra, secondo uno schema per cui esistono studenti di serie A, quelli dei licei, che potranno accedere all’università, e studenti di serie B, quelli degli istituti tecnici e professionali, che verranno “sfornati” (questo è proprio il termine che Berlusconi ha usato in conferenza stampa) dalla scuola con pochissime competenze, adatti per lavori poco qualificati, e quindi che dovrebbero entrare in un mondo del lavoro che cerca qualifiche sempre più specifiche, assolutamente impreparati. Per non parlare di quelli che finiranno l’anno con l’apprendistato e tanti saluti e baci alla conquista del diploma.

Però non ci sono solo tagli in questa riforma…

Però ci sono. E la cosa ancora più grave è che per risparmiare si taglia sull’unico mezzo che, come gli altri paesi europei hanno capito, può permettere al nostro paese di uscire da una crisi epocale, presentandoci una scuola con meno ore, meno materie, meno insegnanti, meno laboratori, in poche parole pochissima qualità.
Un altro concetto che vogliamo ribadire è che questi tagli ricadranno, e ricadono già, direttamente sulle nostre tasche, poiché le scuole, per non eliminare tutto quello che questa riforma elimina, sono costrette ad aumentare i costi a carico di noi studenti e delle nostre famiglie, rendendo una scuola che dovrebbe essere pubblica ed accessibile a tutti, elitaria e aperta soltanto a chi se lo può permettere, negando totalmente il diritto allo studio previsto dalla Costituzione repubblicana. Per questo abbiamo lanciato un questionario che ha come scopo quello di portare all’attenzione di tutti quanto uno studente spende, fra ripetizioni, corsi di recupero, costi dei libri, laboratori ecc.. per frequentare la scuola, e i primi dati ci confermano già l’aumento vertiginoso e sconcertante del cosiddetto contributo annuale volontario, che volontario non è, arrivando a picchi di 275 euro!

Contrarietà netta alla riforma, dunque, e quali proposte?

La nostra azione non si ferma soltanto all’opposizione ferrea contro questa riforma, così come abbiamo fatto il 20 febbraio e il 12 marzo in piazza, ma crediamo sia fondamentale anche ricostruire un’idea nuova di scuola pubblica, che sia frutto di una condivisione e un ragionamento di tutte le parti sociali che compongono la scuola. Proprio per questi motivi la nostra associazione collabora in maniera strutturata con l’Flc Cgil, collaborazione che rientra in un rapporto strutturato che la nostra organizzazione porta avanti ormai da anni con la CGIL e con diverse associazioni di genitori, in primis il Coordinamento Genitori Democratici.
Crediamo che il sistema scolastico italiano abbia bisogno di essere riformato, ma per costruire una riforma vera e non una baggianata inconcludente e dannosa come quella della Gelmini, c’è bisogno di ascoltare prima di tutto chi la scuola la vive ogni giorno. Per questo abbiamo lanciato un bando, che è già in corso in diverse regioni, dal nome “la scuola che vorrei” che ha lo scopo di dare la possibilità a tutti gli attori della scuola, quelli veri, di raccontare il modello di scuola che vorrebbero, sono proprio loro a poter, infatti, portare idee innovative, ma soprattutto a mettere in luce i vari problemi che la scuola vive giorno dopo giorno. In questo modo, dopo aver rielaborato i diversi progetti presentati da studenti riuniti in gruppi, gruppi-classe, istituti interi, gruppi in collaborazione con gli insegnanti o studenti singoli, in un unico progetto, vogliamo farci portatori di un’idea di scuola alternativa, da presentare alle istituzioni competenti, poiché crediamo che solo in questo modo si possa creare una scuola accessibile a tutti, fondata su una didattica partecipata, realmente rappresentativa di tutte le parti, mirata al miglioramento e non all’impoverimento.
L’obiettivo, in conclusione, è quello di conciliare la protesta alla proposta, non trascurando mai l’azione vertenziale che caratterizza la nostra associazione, vertenzialità che, tramite il nostro sportello “Sos diritti” e l’appoggio di avvocati e giuristi, ci permettere di difendere ogni giorno gli studenti e i loro diritti.

sabato 20 marzo 2010

Entrare nell’Onda.


Per questo numero abbiamo chiesto un contributo ad un componente della rappresentanza studentesca nazionale: Davide Di Noi (Presidente della Consulta Provinciale Studentesca di Bologna). Davide ci ha aiutato a delineare i principali problemi attuali della secondaria, fonte della protesta studentesca in tutto il paese. L’invito degli studenti, lo si noterà, non è rassegnato ma proattivo, consapevole della responsabilità di ognuno per dare senso e realizzare la “riforma della scuola”.

Davide Di Noi.
“Tutto è iniziato col decreto-legge 137/2008 datato 1° settembre 2008 ed intitolato "Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università", convertito poi in legge dal Senato il 29 ottobre 2008 sotto il nome di Legge 169/2008. Quelle "disposizioni urgenti" saranno l’inizio dell’ormai celebre "riforma Gelmini". La riforma della razionalizzazione - o "americanizzazione" - della nostra scuola. Così è stata definita più volte, dal Premier e dal Ministro, sempre a braccetto, sempre presenti nell’iter burocratico di approvazione della legge.
E’ quindi una riforma che dovrebbe rendere felici tutti secondo il nostro governo, nonostante ciò protestiamo manifestando, occupando le scuole, chiedendo incontri con l’Ufficio Scolastico Provinciale e Regionale, incontrando assessori e consiglieri.
Il perché di tutto questo è naturale: questa riforma non può essere accettata perché non possiamo rimanere inermi davanti alla distruzione della scuola pubblica italiana. Infatti non si tratta solo di tagli - tagli di 8 miliardi di euro in 3 anni, tagli nel personale docente e tecnico amministrativo (A.T.A.), tagli di ore e di indirizzi scolastici (da 750 a circa 30). E’ la nascita di una nuova concezione della scuola pubblica che prevede anche grazie al DDL Aprea l’inserimento nella scuola di fondazioni private e aziende. Queste entreranno anche nei Consigli di Istituto che regolano la scuola rendendoli veri e propri Consigli di Amministrazione.
E se a questo aggiungiamo il dimezzamento della rappresentanza studentesca, non possiamo che rimanere sconcertati dalle frasi del Ministro che dice di non capire il perché di tante proteste.
La cosa più grave purtroppo è che i nostri reclami non trovano risposta da parte del Ministro. Neanche nel Consiglio Nazionale dei Presidenti di Consulta, unico organo che riunisce tutte le scuole d’Italia direttamente con il Ministero dell’Istruzione. Infatti il Ministro Gelmini il mese scorso non si è presentato a questa importante riunione, giustificando la sua mancanza a causa della "gravidanza difficile", salvo poi, come hanno confermato i giornali, tenere una festa di matrimonio nella sua casa la sera stessa e presenziare in parlamento il giorno dopo durante l’approvazione della riforma.
Purtroppo sono arrivato al punto di non stupirmi più degli atteggiamenti della signora Gelmini, e questo per un semplice motivo: in un paese dove il Governo stesso non rispetta la nostra democrazia, negando il dialogo parlamentare nell’approvazione di leggi tramite voto di fiducia e agendo con Decreti Legge a valanga, io, un semplice rappresentante di studenti, come posso avere la presunzione di poter parlare con un membro dello stesso esecutivo?
Siamo consapevoli che nonostante le nostre proteste la legge ormai è stata approvata, anche se non è ancora uscita in Gazzetta Ufficiale, ma al Ministro vorremmo chiedere quantomeno delle spiegazioni che riteniamo ci spettino di diritto. Bisognerebbe chiedere spiegazioni anche sulla proposta di porre un 30% sulla presenza di bambini e ragazzi extra-comunitari nelle nostre scuole, per evitare le cosiddette "classi-ghetto". Se davvero abbiamo come modello le scuole americane, dobbiamo anche riflettere sul fatto che negli Stati Uniti neanche un repubblicano estremista si permetterebbe di portare una proposta del genere in Parlamento.
Io credo che per tutto questo siano sorte già tante reazioni, reazioni che ravviso nei tanti cortei fatti, nei partecipanti alle occupazioni e stavolta anche nei politici che si sono espressi in modo chiaro contro questa riforma. Noi siamo il futuro del nostro paese, e il futuro ha bisogno di incentivi, non di tagli. Così la scuola: in un paese moderno come l’Italia fintanto che alla parola "riforma", da qualsiasi parte provenga, verranno accostati sinonimi come: tagliare, sottrarre, ridurre, eliminare, cancellare, ridimensionare, noi non lo accetteremo mai.
È così utopistico cambiare quei sinonimi con dei contrari?
E come scriveva Giovanni Floris ne "La Fabbrica degli ignoranti": Se serve a farti dire che ti sei laureato, è un conto. Se deve invece servire a te e al tuo Paese, il conto è un altro. Il nostro sistema non forma la classe dirigente. Non prevede un percorso utile a dare nozioni e strumenti agli italiani potenzialmente in grado di guidare il Paese.
Stanno eliminando la rappresentanza studentesca, stanno tagliando i fondi che ci permetterebbero di essere istruiti adeguatamente. Il futuro dovrebbe appartenere a noi. Tutto ciò che stiamo facendo e continueremo a fare serve unicamente perché ci sia restituito quello che è nostro di diritto: una scuola che formi tutti, nessuno escluso.”

A cura di Mattia Baglieri.

venerdì 19 febbraio 2010

Benvenuti nel Blog Studenti



Diamo il benvenuto ai lettori di Riforma. La Rivista si occupa delle problematiche e delle criticità del “fare educazione”, e di definire culture e politiche per la scuola, e noi apriremo qui un interfaccia con quelli che Edgar Morin chiama “i soggetti attivi dell’apprendimento”. Nei nostri post ci avvarremo di collaboratori sparsi sul territorio nazionale, dagli studenti medi (all’inizio soprattutto loro) all’ Università. Il nostro fine sarà quello di tenere costantemente presenti le esigenze educative e formative degli studenti, quelli che vogliono una “testa ben piena”, come scriveva Montaigne. Qui ci domanderemo come i ragazzi vedono e commentano il panorama formativo di oggi: dal mondo umanistico a quello scientifico, alle tendenze in atto a livello educativo formale e non formale, all’educazione professionale. Apriremo scenari giovani sulla realtà dell’istruzione in Italia e non ci dimenticheremo delle principali tendenze a livello internazionale, particolarmente europeo.
Ma, ancor più, vorremmo riaprire, dalle scuole, il tema della democrazia, della piena partecipazione dei giovani alla vita sociale e politica della Repubblica, per un’educazione che non sia ne' tecnica, ne' dominata dalla furbizia, ma una prima tappa di realizzazione civile.
Ancora benvenuti!

Mattia Baglieri

Gli studenti oggi.

Blog tematico della rivista "Riforma della scuola".
A cura di Mattia Baglieri.

giovedì 18 febbraio 2010

La “Gelmini” e la voce degli studenti delle superiori

Giorni caldi nelle scuole superiori italiane: le occupazioni stanno cominciando per protesta contro la “Riforma epocale” targata Gelmini. “Gelmini o Tremonti?” si domandano gli stessi professori.
Berlusconi parla di Riforma epocale e paragona la Gelmini a Gentile. Lei, in conferenza stampa, appare fiera del paragone. Il primo ministro italiano aveva detto esattamente le stesse frasi ai tempi di Letizia Moratti, con Mary Star la storia si ripete. Ridotti gli indirizzi e le ore di lezione, la Gelmini ha parlato di necessario snellimento del sistema scolastico. È facile comprendere, e non tarda l’ammissione sorridente dello stesso Berlusconi, come la riforma sia fatta soprattutto per le imprese.
Qualcuno ha detto: “Avremo i licei per i ragazzi che possono permettersi il lusso di studiare mentre agli istituti tecnici e ai professionali andranno quelli con meno possibilità”. Al posto del riformismo ancora una volta un conservatorismo che peggiora lo status quo: i deboli coi deboli e i forti (quelli che vanno alle potenziate “private”) sempre più forti.
Cosa pensano gli studenti? Fra chi ne è a conoscenza cresce la contrarietà all’assolvimento dell’obbligo nell’apprendistato. In Germania l’apprendistato è presente nel percorso formativo dal 1969, ma è basato su un sistema duale, il quale alterna tre giorni in azienda e due giorni in aula. L’apprendistato in Germania non fa scandalo, ma è ispirato da un Vocational training (“educazione professionale”) di valore. In Italia, invece, l’emendamento collegato alla Finanziaria 2010 (le riforme sistemiche naturalmente in Finanziaria, come è logico…) sostiene che «l'obbligo di istruzione (fino a 16 anni, n.d.r.) si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l'espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione». Di fatto, dunque, si potrà cominciare a lavorare come apprendisti già a 15 anni e questo varrà come se si fosse stati in classe. Alla faccia dell’ “economia basata sulla conoscenza” indicata dalle ultime linee guida dell’International Conference on Education di Ginevra 2008, e dalle policies indicate dal Trattato di Lisbona, che pure sono ancora citate nei documenti ministeriali..
Alessandro Gallo ci ha fatto da reporter in due istituti bolognesi: il Liceo Classico Minghetti e il Liceo Laura Bassi. Ci scrive Alessandro: “Prima di entrare nelle scuole bolognesi occupate, ci si imbatte, alle porte degli edifici, in tavolini dove gli studenti raccolgono le carte d’identità per chi vuole entrare. Il documento viene ritirato al fine di rintracciare gli studenti qualora vi siano atti di vandalismo, ma a dire il vero la protesta di questi giorni pare ben organizzata, calma, pacifica”.
Alessandro raccoglie la testimonianza di Riccardo Pisi, del Laura Bassi: “Il Governo vuole eliminare la geografia dai programmi di studio, una materia dalla fondamentale importanza per comprendere i rapporti geopolitici del mondo di oggi. Solo con la geografia, gli studenti saranno in grado di capire i “nodi” che caratterizzano la nostra epoca, dalla possibilità di una soluzione condivisa in Medio Oriente, al problema delle energie rinnovabili, alle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Lorenzo Andalò avanza una proposta: unire le materie storiche e geografiche al fine di operare collegamenti tematici fondamentali per affrontare le sfide tipiche dell’età globale.
Un altro nostro collaboratore, Enrico Procopio, evidenzia la sostituzione della “I” di Inglese (di morattiana memoria), con la “I” di Italiano : “Mi fa molto piacere che si comincia a pensare in maniera seria alla possibilità di ampliare le ore di italiano a scuola, perché credo sia necessaria una conoscenza adeguata della nostra lingua madre, ma quello che davvero non riesco a capire è perché sia necessario farlo a scapito di una delle discipline più importanti per il cittadino europeo. L’inglese è oggi la lingua cardine della comunicazione. L’Europa parla inglese e noi italiani siamo ancora oggi troppo in fondo alle classifiche. La riduzione del monte ore scolastiche non aiuta di certo”.
Enrico ci dice la sua anche riguardo al sistema dei crediti formativi scolastici: “E’ uno dei temi più difficili da spiegare ai ragazzi delle medie, che tendono a considerare astruso questo sistema. Per loro può voler dire tutto e niente. E, difatti, ritengo ci siano molte disomogeneità tra le varie scuole. Nella mia scuola, a livello “burocratico”, il sistema è stato introdotto con intelligenza, riservando a questo sistema un potenziale ridotto, ma in grado di fare la differenza, pur tuttavia senza penalizzare troppo che invece decide di applicarsi anima e corpo nello studio delle materie scolastiche. È molto importante spiegare agli studenti l’importanza dei Crediti formativi, il fatto che rivestono il 25% della valutazione complessiva dell’esame di maturità. Ma questo è un sistema che deve essere metabolizzato meglio anche dagli insegnanti. Io propongo una breve lezione obbligatoria in cui venga spiegato a tutti il sistema dei Crediti Formativi: non è davvero più possibile quello che ho sentito dire più volte a dei miei compagni più grandi, vale a dire l’aver scoperto il proprio numero di crediti e la loro valenza solo in sede di valutazione finale”. E poi altri temi... Già li ascoltiamo nelle assemblee di questi giorni. In tempi di crisi, di ricatto sull’occupazione presente e su quella futura, di decadenza dell’idea stessa del valore della scuola, non è poco. Mettiamoci in ascolto. Ne vale la pena.

A cura di Mattia Baglieri
Ringraziamo Alessandro Gallo ed Enrico Procopio per la collaborazione)